Tre piatti tipici della cucina piemontese
Il clima e il rilievo roccioso rendono il Piemonte una destinazione enogastronomica di livello mondiale. Vini come Barolo, Barbaresco e Barbera d’Asti sono tra i più rinomati e lo stesso dicasi per i più grandi tartufi disponibili nel mondo. Quando si parla di cibo, il Piemonte è quindi senza dubbio al primo posto e tantissime sono le pietanze da degustare; infatti, si va dal formaggio alla carne fino a piatti unici e dal sapore sublime. A tale proposito, ecco una lista di tre piatti tipici della cucina piemontese.
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La bagna cauda
La bagna cauda (bagno caldo) è un punto fermo della regione Piemonte, poiché si tratta di una romantica prelibatezza che una volta dava il via ai pasti della gente del luogo. Nello specifico è una sorta di fonduta a base di acciughe, aglio e olio extravergine d’oliva e che viene servita a fuoco vivo per mantenerla sempre ben calda. Tradizionalmente il piatto era al centro della tavola, e particolarmente apprezzato dai lavoratori terrieri che lo consumavano in ciotole di terracotta immergendovi anche delle verdure tagliate grossolanamente nella salsa. La sua ricchezza e la varietà di verdure di stagione da inzuppare lo rendono quindi un piatto popolare dall’autunno all’inverno, e alla gente del posto piace gustarlo con il vino Dolcetto o con un Barbera acido e fruttato.
La carne cruda
Molte persone arricciano il naso all’idea di mangiare carne cruda, e spesso ciò è dovuto alla scarsa qualità del prodotto. Tuttavia non è il caso di questa prelibatezza proposta nella regione Piemonte. Infatti il bestiame locale denominato proprio razza bovina piemontese, è noto per l’elevato standard di allevamento e per il basso contenuto di colesterolo. Nel 1870 il bestiame iniziò tra l’altro a mostrare una caratteristica unica di doppia muscolatura che si traduceva in manzo con una massa muscolare extra e con pochissimo grasso. Nonostante la mancanza di quest’ultimo, è importante sottolineare che la carne in oggetto rimane tenera e succosa. Il piatto viene servito affettandola come un carpaccio di manzo o macinata, e mescolata poi con olio d’oliva, aglio fresco, succo di limone, sale e pepe. Le scaglie di tartufo nero o bianco servono poi ad ottimizzarne il gusto. Il piatto peraltro molto popolare viene servito come antipasto e accompagnato da un buon bicchiere di Dolcetto d’Asti o di Barbera.
I tajarin
Ogni regione d’Italia ha il suo tipo di pasta, e in Piemonte uno dei più tradizionali è quelle denominato tajarin ossia una pasta lunga e sottile simile alle tagliatelle. I tajarin tra l’altro hanno un colore giallo dorato che deriva dall’uso di uova di fattoria che ricordano una tonalità arancione. Si dice inoltre che per preparare questa ricetta occorrano almeno 30 tuorli d’uovo e oltre un chilo di farina. Una volta modellato l’impasto, la pasta viene tagliata in fili larghi di circa un centimetro e servita poi tradizionalmente con un ragù a base di pomodoro e carne o con un impasto di burro e salvia, ossia un classico condimento della cucina piemontese. Nel tardo autunno e inverno la versione burro e salvia è tra l’altro perfetta con le scaglie di tartufo bianco d’Alba e categoricamente fresco. Quest’ultimo è notoriamente diffuso nelle campagne piemontesi dell’astigiano e dell’albese, e i migliori esemplari si possono raccogliere in autunno anche se di qualità migliore nei mesi invernali più freddi. Queste prelibatezze del bosco hanno tra l’altro aromi pungenti e sapori decisamente forti e terrosi, ed ideali quindi proprio per impiattare i suddetti tajarin ad ospiti di riguardo.